LA LOBBY DEL BELLO
Fabio Focardi
29 set 2014
LA LOBBY DEL BELLO

In un mondo diventato sempre più piccolo e piatto - anche se più caotico - cresce il senso di spiritualità, sia religiosa che laica.

Tra le varie tendenze spiritualiste, è da segnalare la nascita di una vera e propria lobby del bello. E’ ormai diffusa e capillare, lavora sulle nostre passioni, emoziona, invitandoci a pensare che il bello deve sopravanzare sul brutto e su tutto. Il Bello è Bene, è Virtù individuale e collettiva, è la nuova Socialità. E’ quasi un imperativo: tutti dobbiamo sforzarci di seguirlo, tendere a lui perché significa diventare migliori, fare cose grandi da soli e insieme agli altri.

Ma cos’è il Bello? Ci sono molte accezioni, interpretazioni e riflessioni millenarie su questo concetto. Da quando la filosofia ha lasciato il suo scettro metafisico, il bello è diventato un concetto trippa da gatti e tutti lo tirano dove più conviene. Vive nella ripetizione e nella reiterazione delle sue forme interpretative: immagini che si uniscono alle immagini e che in questo processo diventano reali. Ora ci ossessiona il “bello monumentale”, di cui il regista Sorrentino ha offerto una sintesi interpretativa nel film La grande bellezza.

L’operazione mediatica non è stata di poco conto. Supportato dal premio Oscar, il messaggio di Sorrentino - oltre agli spettatori delle sale - ha raggiunto, nella sola Italia nove milioni di persone che in casa propria, hanno guardato il film e sono stati il target di un’operazione di grande comunicazione dell’etica del bello monumentale. Un’operazione culturale ben riuscita della lobby internazionale del bello. E’ la bellezza di Roma al mattino che evoca i fenicotteri redentori. La redenzione da una vita di relazioni giudicate fatue ed inutili che – ci dicono – sono il brutto. Solo nella malattia, nel mangiare radici si trova l’espiazione e nella bellezza coronata dal volo dei fenicotteri la redenzione. Roma e i suoi monumenti in cui si incarna lo spirito del bello fa miracoli: tutti dovrebbero vivere nel percorso di bellezza santificatrice. Naturalmente tralasciando che il problema è viverci a Roma, magari nelle periferie dove non ci sono miracoli e lo spirito di Pasolini rende acuta la vita quotidiana.

Chi l’ha presa altrettanto sul serio la questione del bello monumentale è Matteo Renzi, prima di dedicarsi alle fatiche di premier, costruendo senza allegorie, ma su fattiva spiritualità, la trama fondamentale del suo libretto Stil novo. Anzi, ponendosi proprio come teorico della morale della bellezza. E fin dalle prime pagine del libro sottolinea come la rilevanza etica che la bellezza assume, ha reso questa terra un luogo speciale nel corso dei secoli. Ovviamente si parla di Firenze, ma l’assunto può essere esteso a tutte le città italiane. Già perché anche Renzi parla del bello monumentale, quello delle città vecchie, o dei centri storici dove c’è la storia in cui si è incarnata la bellezza. Anche per lui, ovviamente, le periferie non sono parte del ragionamento. Ma l’excursus teorico è più complesso, o almeno vorrebbe esserlo, rispetto a quello del film di Sorrentino: la bellezza viene indagata e riproposta nel suo diventare etica sociale e percorso spirituale. Addirittura una moderna fenomenologia dello spirito della bellezza che non può non avere una finale sintesi divina.

Renzi non è un ingenuo, e in maniera diretta parte dalla genealogia della bellezza individuandola nel denaro. La bellezza nasce dal denaro – sostiene - quel denaro che profitta e il cui di più viene in parte distribuito agli artisti, ma non solo, e qui la storia diventa maestra: “La bellezza non viene dal caso, oltre che dal denaro viene dalla capacità di innovare”; ecco il presupposto dell’excursus verso l’organizzazione del Bello Sociale.
Nel momento in cui le potenti famiglie fiorentine incominciano ad organizzare ed ingrandire la loro città, lo fanno nell’ottica del bello. Questo qualifica e definisce la struttura sociale: le strutture della città, gli edifici non sono arte fine a sè stessa, ma sono offerte ai cittadini perché possano usarle. I fiorentini si sono preoccupati di accogliere i bisognosi, i poveri inurbati creando orfanotrofi e ospedali e affidandone la costruzione ad artisti di fama. Ecco la potenza della bellezza, un collante che fa progredire una società. Gli storici dovrebbero inchinarsi di fronte a cotanta riscrittura.

Per Renzi, il bello che si manifesta e costruisce le città, non porta solo alla santificazione individuale ma alla felice struttura sociale (e oltre). Si esplicita così il punto fondamentale del suo manifesto etico; il singolo, la relazione, la socialità devono essere ispirati e mediati dal bello. La bellezza stimola il talento del singolo, costruisce le strutture del sociale, garantisce lo sviluppo del “capitale umano”: la bellezza - manifestazione della potenza della collettività guidata dal denaro - genera l’aspetto monumentale ma anche quello istituzionale, perché è anche sintesi di molte passioni sociali, basti citare la misericordia, quella pelosa delle famiglie del Rinascimento fiorentino.
“La misericordia accompagna la bellezza” spiega il libro parlando degli ordini religiosi a Firenze. Si fa del bene facendo del bello. La bellezza è anche il termine comune tra etica religiosa ed etica civile.

Come si invera la bellezza nel sociale? Con la restituzione, uno dei capisaldi della morale cristiana medioevale che garantisce la dinamica del sistema. Chi si è arricchito deve pentirsi, emendarsi e almeno in piccola parte “restituire in varie forme: artistica, sociale, culturale alla città che ti ha viso prosperare, alla città che è stata la tua socia”. Ecco lo strumento del disvelarsi della bellezza nel reale-sociale. che definisce l’ambito della morale renziana.

Si passa così dai monumenti alla società: è il nuovo welfare, vero modello per l’oggi. La bellezza come restituzione, l’elemosina come restituzione, la cultura come restituzione: la restituzione salda la manifestazione del potere con il controllo sociale. Così oggi il signor Tod’s potrebbe accedere al paradiso del bello grazie al suo intervento finanziario per il Colosseo e così i sessantanove finanziatori che il nuovo sindaco di Firenze sta cercando per il recupero di altrettanti monumenti. Ma i potenziali penitenti sono scafati e a fronte della restituzione non guardano alla salvezza della loro anima, ma allo sviluppo del business, cosìcche la concretezza rischia di mandare in frantumi le promesse della teoria renziana.
Comunque per Renzi il denaro, ovvero, il di più del denaro, il profitto, dovrebbe essere restituito in parte alla comunità. Perché? Perché c’è un mostro reale in agguato: la povertà. Anche su questo problema dei problemi il premier trova nella storia una soluzione e non si arrende: “Una città sta meglio se combatte col bello la povertà “. Lo avevano già capito i Medici, noi dobbiamo emularli: è l’ordine del bello.

Obiettivo: una nuova Gerusalemme, una Città di Migliori che crea bellezza nell’ordine e con la bellezza domina i conflitti. Il futuro è bellezza, è creazione di ingegni illuminati che fanno grandi cose, il resto della realtà è scontato, è dovuto, è contrasto necessario all’apparizione della missione dei giusti. Oggi è un ordine che impone addirittura il ritmo del giorno e della notte: il giorno per il consumo dei turisti, la notte il coprifuoco e gli idranti.
Ed infine è bellezza la redenzione individuale e collettiva. Anche in Renzi come in Sorrentino i monumenti elevano l’anima a Dio. Tutto dovrebbe andare verso il cielo come succede guardando la chiesa di San Miniato.
Qui il sistema trova la sua sintesi alta; è una vera e propria sistematizzazione. Con un certo spiritualismo neoplatonico, veniamo portati a capire il doppio movimento della bellezza dall’alto verso il basso e dal basso verso l’alto. Notevole visione dell’economia e della società contemporanea!. La fede dovrebbe allearsi di nuovo con la ragione, quella del denaro padre della bellezza, per il controllo di un territorio commerciabile. Dio sembra lontano. La spiritualità è tutta nel bello del denaro.

Ma c’è ancora chi legge il bello in un modo per così dire all’antica e crede nella bellezza della natura del creato come emanazione diretta di Dio. Padre Consolomagno - intervistato in questi giorni dal Corriere sulla prossima missione di umani su Marte - pone ancora Dio al centro dell’universo. Un dio creatore di molti mondi che emanano la sua bellezza. E così la scienza riscopre Plotino. Richiesto se non sia il caso di anteporre i problemi del mondo alla conquista dello spazio, Padre Consolomagno risponde che anche i poveri gioiscono nel guardare il cielo che appartiene a tutti e ricorda che ci sono cose più importanti di quelle mondane. Poi – quasi a correggersi - approfondisce e sottolinea: “La fame di cibo è disumana anche perché toglie quest’altra fame, la fame della bellezza della gioia della ricerca. La fame di Dio”.
Che a dissertare sia un regista, un politico, o uno scienziato – in questo caso grande credente - il problema è sempre lo stesso, sia nell’accezione laica che in quella religiosa. Sfugge sistematicamente che la Bellezza non può colmare la realtà che le rimane sempre asimmetrica. La cultura, la politica, la scienza degli spiritualisti promettono un mondo nuovo, corrompono l’immaginazione, ma poco incidono sulla realtà. La bellezza, sia emanazione di dio che del denaro, non riesce a possedere né gli animi né la quotidianità del vivere. Al contrario – e per contrasto - evidenzia e potremmo dire esalta la povertà che ha un carattere di concretezza e riempie senza dubbio questo mondo piatto. La verità è che la bellezza degli spiritualisti è conferma ed esaltazione di un ordine punitivo e la povertà è potenza dell’amore e della letizia.

Trascurato del tutto dagli illusionisti della lobby del bello è anche il fallimento che gli Spiritualisti hanno registrato dal Medioevo in poi. Si disilludano un’altra volta, la promessa di un fatuo paradiso del bello non è per noi. E per fortuna, anche la dottrina di Papa Francesco è tutta rivolta alla bruttezza di questo mondo.